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Kurt Wenner, il padre della pavimentazione tridimensionale

La sua è un’arte effimera, che lascia sfumare i suoi colori fino a farli dissolvere nella pioggia. Ma è anche un’arte che non lascia indifferenti i passanti e s’imprime nella mente di chi ha la fortuna di osservarla. Un’arte che aveva “stregato” Papa Giovanni Paolo II che, dopo aver visto e apprezzato, a Loreto, un suo dipinto sull’asfalto, l’aveva eretta ad arte sacra. Kurt Wenner, 59 anni, californiano ma con buona parte della sua vita vissuta in Italia, è un artista ma è anche un architetto, uno studioso dell’arte, della prospettiva e dell’illusione ottica. È un cosiddetto “madonnaro”, di quelli che una volta venivano considerati dei poveracci e che oggi per fortuna sono stati rivalutati. Di quelli che creano, con gessetti e colori lavabili, originali dipinti sull’asfalto. Ma Kurt è andato molto oltre, perché ha inventato la street art tridimensionale. Se cammini per strada, insomma, e t’imbatti nei suoi disegni, pensi di sprofondare in un burrone in cui si sta svolgendo il giudizio universale, o sei convinto di vedere angeli e santi, o solo un ricco banchetto esattamente dove fino a qualche ora prima c’era solo asfalto. L’inventore di questa arte in 3D, nel suo libro “The Asphalt Renaissance: the pavement art and 3D illusions of Kurt Wenner”, edito dalla Sperling di New York, spiega le sue innovative tecniche, da molti imitate. Foto e descrizioni, calcoli geometrici uniti alla sua passione per la pittura, la scultura e l’architettura. Kurt era partito proprio dall’arte rinascimentale, e proprio da Roma. Arrivato in Italia per studiare direttamente dagli originali dei grandi maestri, dal 1982 è diventato anche lui maestro di un metodo tutto nuovo.

“Vedendo, per la prima volta, a Roma, un artista che disegnava per strada, mi ero fermato per chiedergli cosa stesse facendo” spiega Kurt Wenner. “Io gli spiegai la mia passione per l’arte, il motivo per cui mi trovavo nella Capitale, gli feci vedere anche dei miei disegni. Lui mi parlò della lunga tradizione dei madonnari e, visto che si avvicinava l’ora di pranzo, mi chiese di ultimare il suo lavoro, disegnando la testa di un angelo. Da quel momento non mi sono mai più fermato e ho realizzato sempre più disegni sul pavimento. Lavoravo disegnando per la Nasa, ma con il mio primo disegno su strada, avevo guadagnato tre volte di più di un intero stipendio fino a quel momento percepito, così ho iniziato a pagare i miei studi grazie ai miei disegni. Studiando, tra l’altro, le grandi opere italiane presenti a Roma, e avendo anche la grande opportunità di toccare con mano la Cappella Sistina, avevo notato che le figure da vicino erano allungate, in modo da sembrare proporzionate a chi stava con i piedi per terra. Era la stessa cosa che facevo io nei miei dipinti”.

Questi suoi studi, già iniziati in America, poi i tanti incontri, e i tanti libri scientifici che gli regalava il padre, scienziato e matematico,

hanno portato l’artista a innovare la sua passione per l’arte del passato fino a fonderla con tecniche innovative 3D, molto prima dei film che al cinema hanno registrato record d’incassi.

“Mi piace cercare le idee perse o rinnegate nel passato per ritrovarle, usarle in modo originale e

 

renderle attuali, sfidando il pubblico contemporaneo che, all’inizio magari si stupisce, ma poi s’incuriosisce e infine apprezza. Le influenze del passato, in particolare del tardo rinascimento e del primo barocco si uniscono a geometria e precise conoscenze matematiche”.

Ciò che viene fuori è sì un disegno, ma tale da sembrare reale, profondo, con spazi ricavati magicamente da un piano stradale regolare. Grandi a volte quanto un’intera piazza, richiedono giorni per la loro realizzazione.

“Dai 5 ai 7 giorni, in genere, anche se dipende dalle condizioni meteorologiche, in particolare dalla pioggia. È lei la peggior nemica di chi dipinge sull’asfalto. Perché quando hai finito la tua opera, sai che poi sparirà. Ma quando non hai ancora finito e arriva la pioggia, non puoi far altro che arrenderti, correggere ciò che la pioggia ha rovinato, e proseguire il lavoro”.

Kurt non usa la tecnologia, non fa progetti al computer. Se ne serve solo in minima parte, perché la maggior parte del lavoro è fatto di calcoli matematici e disegni a mano, poi da riportare in scala nel progetto reale.

“Per ogni lavoro faccio due disegni: uno anamorfico, che corrisponde all’immagine così come la dipingerò, cioè appositamente deformata per creare l’illusione 3D, e un disegno in prospettiva, che mostra la relazione spaziale del dipinto con l’osservatore, con l’ambiente e con il pubblico. Poi lavoro tenendo conto di entrambe le prospettive e ottengo la profondità. Prima pensavo di non poter insegnare nulla perché avevo ancora troppo da imparare ma, adesso che ho superato i 50 anni, sento di avere molto da trasmettere e da insegnare”.

Wenner descrive gli anni trascorsi in Italia come i più belli della sua vita. Ma una cosa rimprovera agli italiani.

“Viene trasmesso ai ragazzi che l’arte ereditata dal passato è intoccabile, ma io non la penso così. C’è sempre da imparare, da riscoprire e da reinventare dai grandi maestri del passato, confrontandola con quella contemporanea. Solo così si possono avere nuove forme d’arte. E se prima si attingeva soprattutto dalla religione e dai miti, adesso mi diverte molto anche trattare temi che divertono i bambini”.

Anche Disney, Warner Bros e altre multinazionali gli ha commissionato dei lavori.

“Per Disney, per esempio, ho creato un’intera stanza delle illusioni in un parco in Giappone. Mi sono trovato bene, erano tutti rispettosi, professionali ed entusiasti. Ma le cose che mi rendono più orgoglioso sono, forse, il documentario che National Geographic ha realizzato sul mio lavoro, e la medaglia che ho ricevuto al Kennedy Center for the Performing Arts”.

 

Donatella Briganti (ghostwriter e giornalista)

 

mde

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